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Menéndez Pidal, maestro d’umanità e di scienza

Rinaldo Froldi



Arrivato di nuovo nel nostro paese, a 84 anni, per ricevere il Premio dell'Accademia dei Lincei, si riempì di ammirazione per i progressi dell'Italia, e in particolare di Roma.





La cultura spagnola moderna ha in Ramón Menéndez Pidal una delle sue figure più rappresentative: in particolare la filologia ha in lui l'indiscusso maestro.

Si può giustamente affermare che agli studiosi della sua terra di lingüistica e letteratura egli ha dato quel metodo che prima non possedevano, che ha affermato la scienza contro l'empiria ed il vano dilettantismo ed ha saputo, nello stesso tempo, far si che la scienza da lui appresa alla scuola positivista, non fosse freddo strumento di eruditi fossilizzati nelle biblioteche e nel rigore delle proprie formule ma trovasse più vitale nutrimento nel profondo di una ricca umanità.

Per parecchi lustri Menéndez Pidal (è nato nel 1869) ha spiegato una attività infaticabile di ricerca e di studio in un lavoro che non ha conosciuto soste ma solo progresso. Si pensi ad esempio alla sua posizione sul problema delle origini dello spagnolo che è di saggio equilibrio fra la rigidità della visione naturalistica e gli eccessi dell'idealismo, teoria lentamente formulata facendo umanamente rivivere i fenomeni linguistici fissati negli antichi documenti in un costante contatto con la Storia nella complessità dei suoi aspetti. Teoria che a un certo punto si fa salda base per la presentazione di più complessi panorami: oggi -ad esempio- tutti gli studiosi di ispanistica e filologia in genere, attendono da lui la già promessa Storia della lingua spagnola, in un'opera che sarà certamente degno suggello degli studi di tutta la sua vita.

Per Menéndez Pidal linguistica e letteratura vanno di pari passo: per lui è inconcepibile quella rigida separazione che troppi fanno. Così, accanto ai suoi studi sulle origini dello spagnolo ed al suo sviluppo nei secoli, ed accanto pure a quell'insuperato Manuale di grammatica storica spagnola che tutti gli ispanisti apprezzano e che noi italiani vorrei quasi dire invidiamo perché non possediamo nulla, per la nostra lingua, che gli si possa in qualche modo accostare, ecco gli studi di Menéndez Pidal sopra la letteratura epica spagnola.

Cosa sia e che storia abbia avuto l'epica spagnola oggi si sa soprattutto per merito suo: quello che era il confuso quadro della critica romantica e postromantica ha ora i suoi precisi contorni. Non solo: ma le soluzioni giustificano il riconoscimento che gli viene universalmente tributato di maestro dell'epopea europea.

Contro la teoria dell'origine tardiva ed individualista dell'epica egli ha rivendicato con forza di argomenti e tangibili prove, l'origine antica della stessa (quasi contemporanea agli avvenimenti narrati) ed il suo tradizionalismo, specie in Spagna.

Tutto un mondo nascosto è riapparso ad opera della sua indagine: la storia occulta di secoli è riemersa attraverso lo studio dei Cantares e delle Crónicas che sono la posteriore e più meditata e riflessa prosecuzione in prosa di quelli e ne conservano spesso modi e cadenze, tanto da permetterci di legittimamente scoprirvi le tracce di cantares perduti ed avere un più vasto quadro di quella che fu l'epopea medievale spagnola. Ricordo che fu proprio dai numerosi problemi relativi all'epica che prese inizio la nostra conversazione di non molti mesi or sono quando -sul finire dell'estate- mi recai a fargli visita nella sua quieta ed ampia, quasi agreste casa di Madrid.

Con parola sicura propria di chi ha conosciuto attraverso un'opera lenta e faticata la verità, egli mi parlava delle ultime sue scoperte attorno all'epica e con soddisfazione giovanile mi annunciava l'imminente pubblicazione di una sua Storia dell'epopea, opera di sintesi generale dopo tanti lavori di analisi o di sintesi parziale.

Dall'epica alla lirica: altro campo ove si è esercitata la mente instancabile del Maestro.

Ecco il Romancero che nella visione di Pidal appare come il completamento dell'epopea: manifestazione evidente del carattere tradizionalista della stessa. In Ispagna infatti, l'epopea primitiva non fu soggetta alle rifusioni colte e non perse perciò rapidamente il contatto con l'anima popolare: passò invece a quei romances che, prolungando la vita dei temi eroici, li divulgarono nei secoli successivi. Nel Rinascimento, poi, questi temi passeranno al teatro e di lì ad altri generi fino ai nostri giorni con una continuità che ha fatto giustamente parlare il Pidal di «miracolo poetico spagnolo» degno d'essere posto accanto al miracolo greco della continuità dei temi eroici fioriti nell'Ellade. Lo studio della lirica ha contribuito a confermare a Menéndez Pidal le sue idee sullo sviluppo, nella tradizione, delle forme poetiche primitive. Così la recente scoperta di canti lirici mozarabici con elementi volgari spagnoli dei secoli XI e XII, non ha fatto che confermare quello che Menéndez Pidal aveva sempre supposto: l'esistenza di forme liriche spagnole anteriori a quelle del secolo XIII che la critica precedente aveva individuato e riteneva i primi esempi della letteratura spagnola. In tal modo dallo studio di un genere, felicemente collegandosi agli altri suoi studi su altri generi, il Pidal può giungere a sviluppare la sua teoria sopra l'origine delle stesse letterature romanze.

Nel suo ardore costante di conoscenza, Ramón Menéndez Pidal ama passare da un campo all'altro di ricerca: ecco la ragione dei suoi studi di storia: dal notissimo saggio sulla Spagna del Cid al recente El Cid Campeador, agli studi sui Re Cattolici attorno a quali tenne una conferenza a Napoli nel suo non dimenticato viaggio in Italia del dicembre del 1951.

Parlammo insieme di quel viaggio e di qull'altro che a pochi mesi di distanza doveva intraprendere per cogliere a Roma l'ambito premio Feltrinelli della nostra Accademia dei Lincei. Me lo raccontò minutamente: la sua commozione alla notizia giunta come una lieta sorpresa, i rapidi preparativi, il viaggio piuttosto burrascoso in aereo con forzata deviazione ad Orano e il senso vivo di riconoscenza per gli studiosi italiani ed in particolare per Benedetto Croce, per l'amico che ricordò con accenti di intensa simpatia e la notizia della cui morte doveva dolorosamente sorprenderlo di lì a poco (ho presenti le parole commosse e profonde da lui dette alla radio in una breve commemorazione del grande scomparso).

Nel nostro colloquio Pidal ebbe parole di ammirazione entusiasta per i progressi dell'Italia ed in particolare di Roma, per gli italiani e la loro operosità: nella sua voce avvertivo la commozione sincera di uno spirito che agli italiani si sentiva fratello.

Uomo profondamente rispettoso degli altri fin quasi a mostrare -nel primo contatto- timidezza, Menéndez Pidal rivela ad ogni gesto la sua finezza di sentimenti, la squisitezza del suo animo.

La sua conversazione è vivace, giovanile; ad ottantaquattro anni d'età egli mostra di avere l'energia degli anni migliori.

Sorride quando parla degli innumerevoli lavori che ha in corso, con il lieve distacco ironico di un uomo che è tanto saggio da conservarsi immensamente modesto, consapevole del proprio limite.

I suoi numerosi progetti egli presenta come una sua dolce senile illusione: ride perché gli sembrano costituire il programma di un giovane studioso uscito fresco fresco dall'Università. Eppure i suoi progetti stanno tutti avverandosi; i volumi seguono i volumi.

Non trascurò, interrotta per un poco la conversazione, di frugare nella biblioteca per farmi omaggio di parecchie sue recenti pubblicazioni: fra l'altro del primo grosso volume dei testi del Romancero cui altri seguiranno mentre uno studio generale che accompagnerà i testi attende solo la stampa.

Con ottimismo mi parlò poi della situazione culturale spagnola ma tosto ritornò a motivi personali: alla sua vita semplice confortata dall'affetto dei figli, al suo lavoro che ha un ritmo straordinariamente intenso: dalle prime luci del mattino purificatore (siccome diceva Fray Luis de León) al vespro che invita al giusto riposo.

Anni addietro Menéndez Pidal soleva passare l'estate in montagna, a San Rafael, nel Guadarrama, presso Segovia: ora, tranne pochi giorni di riposo, preferisce restarsene a Madrid.

Ma la sua casa, lontana dal centro, nel moderno villaggio di Chamartín de la Rosa, fra il verde, è già un incantevole luogo di soggiorno. Vi si accede attraversando un giardino e dalle ampie vetrate delle sue stanze lo sguardo può spaziare largamente e fra gli alberi distinguere, lontana, la bianca città, sotto l'azzurro intenso del cielo.

Signore di quella villa le cui pareti accolgono in ampie, solenni scansie volumi e volumi raccolti con amore infinito per tanta serie d'anni. Ramón Menéndez Pidal mi apparve nella realtà della sua vita sobria e operosa e della sua vecchiaia felice, l'immagine viva dell'uomo perfetto quale andavano vagheggiando i grandi spiriti del nostro Rinascimento.

Umanista moderno, prima di saper studiare e praticare la scienza, egli -in verità- ha saputo vivere: le giovani generazioni in lui che è Presidente dell'Accademia spagnola, a ragione vedono il grande Maestro di umanità e di scienza.





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