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La conquista dell'America e Cadalso

Rinaldo Froldi





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Autore apparentemente contraddittorio, certamente ambiguo, di quella ambiguità che scaturisce dallo spiccato carattere letterario della sua opera, José Cadalso ha dato luogo a diverse e contrastanti interpretazioni. Sono dell'opinione che ciò è avvenuto innanzitutto perché si sono lette le sue opere, specie le Cartas Marruecas, con scarsa attenzione al loro prevalente carattere letterario e poi perché -sul piano del pensiero- non sempre ci si è sforzati di leggerle nel loro contesto storico. In altri termini, molti interpreti e commentatori sono caduti nella facile tentazione d'interpretare Cadalso secondo le proprie tendenze ideologiche. Si è arrivati a leggerlo secondo prospettive romantiche o novantottesche o anche secondo suggestioni psicologiche e così s'è fatto di lui a volte il primo romantico di Spagna, a volte l'uomo dell'angustiada vivencia o l'espressione di una drammatica inseguridad personal1.

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Credo che l'apparente contraddizione che sembra emergere da una prima lettura dei suoi testi e che induce taluni critici a considerare Cadalso uno spirito illuminato e aperto ad ideali d'innovazione e progresso ed altri un nostalgico conservatore di ideali gloriosi che s'identificano con la vecchia Spagna nobile e guerriera, derivi dalla circostanza che troppo spesso si sono frettolosamente assunte come proposizioni cadalsiane talune affermazioni dell'autore messe in bocca di alcuni dei suoi personaggi. Ma la realtà dell'uomo Cadalso come non è racchiusa nel Tediato delle Noches lúgubres, così non lo è in uno dei corrispondenti delle Cartas Marruecas, anche se un po' di lui si ritrova in ognuna di queste sue creature letterarie; ma si può attraverso queste giungere a comprendere il vero Cadalso, sempre che si rinunci a rigide identificazioni fra autore e personaggi e si penetri nel gioco delle diverse prospettive di cui si serve l'autore, rinunciando a ricercare una rigorosa sistematicità di pensiero che non era nelle sue intenzioni.

Quel che ci sembra poter primariamente rilevare è che Cadalso, nella sua meditazione, unì a un innegabile impegno innovatore una chiara coscienza dell'estrema difficoltà dell'impresa, che è poi quella di portare alla riflessione i lettori su temi che possano contribuire al bene comune. Egli si sforzò di penetrare con la propria ragione nella realtà che gli stava di fronte con tutte le contraddizioni che implicava. Contraddizioni -mi sembra- che erano più nelle cose che non in Cadalso, come alcuni critici hanno preteso.

Lo scopo del letterato Cadalso, nell'affrontare temi nuovi e impegnati, rinunciando a un concetto di letteratura edonistica, era soprattutto quello di farsi leggere. La sua modernità, della quale non è lecito dubitare, consistette appunto nel soddisfare l'esigenza di coniugare un contenuto di riflessione con una scrittura che secondo un ideale di «buen gusto» fosse in grado di captare l'attenzione e la partecipazione del ricettore. Per questo, com'egli stesso dichiara nella Introducción alle Cartas Marruecas,   —115→   scelse il «método epistolar» che rende la lettura «más cómoda» e facilita un «estilo más ameno», che permette di proporre i concetti «con cierta novedad que gusta»2.

Non ci si deve meravigliare pertanto e considerare un difetto la circostanza che il pensiero di Cadalso non appaia monolitico: è che la sua riflessione volutamente si sfaccetta in prese di posizione dei suoi personaggi fra loro diverse ed anche opposte. Compito non facile il nostro, quello di decifrare il pensiero di fondo dell'autore in una scrittura che rifiuta le posizioni univoche, che mescola ricorsi espressivi derivati da diversi generi letterari con sagace dominio della retorica e, sotto il velo di un diffuso garbato scetticismo, guidato da una vigile ironica intelligenza, invita il lettore a meditare su problemi che spesso vengono proposti senza che Cadalso li risolva direttamente, limitandosi a sollecitare la partecipazione del lettore.

Né deve sfuggirci, se si vuol cogliere il fondo essenziale del suo pensiero, che in Cadalso esso appare sempre guidato e quasi dominato da una superiore esigenza morale. Alle operazioni del suo pensiero non presiede alcun preconcetto di tipo metafisico o alcuna norma teleologica. C'è la volontà di una indagine libera, al di là di pregiudizi religiosi o politici, con l'obbiettivo di cercare la verità basandosi su dati di fatto concreti o dimostrabili. Uso rigoroso della ragione, senza peraltro preoccupazioni di sistematicità. Del resto sappiamo che non compone un trattato ma un'opera de ficción, avendo fiducia nella propria esperienza, nella capacità della propria riflessione ma ascoltando e assecondando anche i suggerimenti della sensibilità, per lui parte essenziale -con la ragione- della realtà umana.

Quella che disdegna e satirizza è la superficialità caratteristica di certi ambienti aristocratici o di presunta aristocrazia, la falsa cultura che s'accompagna alla vanità: quella ad esempio di coloro che si mostrano felici ed orgogliosi di vivere in un'epoca ilustrada mentre ilustrados nel vero e profondo senso della parola non lo sono affatto.

Cadalso prova spesso disgusto dell'ambiente in cui vive la sua vita ufficiale quanto invece ama quella che più raramente gli è concessa a contatto con pochi e sicuri amici. Egli ha coscienza d'appartenere a una minoranza intellettuale assai ridotta. Considera un dovere morale quello   —116→   d'intervenire per tentare un cambio all'interno della società contemporanea ma, consapevole delle enormi difficoltà di tale impresa, giudica la possibilità del successo con una buona dose di scetticismo.

La sua stessa condizione d'ufficiale dell'esercito accresce le difficoltà d'intervento. Quando viene destinato con il suo reparto in Estremadura, nel 1774, scrive da Montijo all'amico Tomás de Iriarte e gli comunica d'aver lasciato i suoi libri a Madrid «deseando evitar la nota de estudioso que se me ha echado en cara por los sabios de mi carrera»3. Del resto si conoscono le difficoltà che ebbe con la censura (Glendinning ed Arce hanno additato gli interventi sul testo delle Cartas Marruecas, testo che peraltro non riuscì a pubblicare in vita) ed egli stesso in un'altra lettera a Iriarte, sempre a proposito dell'opera in questione, scrisse: «la detengo sin imprimir porque la superioridad me ha encargado que sea militar exclusive»4.

Dicevo della sua fondamentale esigenza morale che è alla base di un suo costante atteggiamento aristocratico: esso s'inserisce sì in una tradizione e fa parte della sua educazione ma nella sostanza è di natura etica più che legato a preconcetti di nascita. L'uomo è innanzitutto coscienza morale e se vuole restare fedele a questa condizione sa che ha dei doveri da compiere; a volte può avvertire la tentazione di ritirarsi in uno stoico isolamento ma per Cadalso prevarrà la volontà d'essere coerente con i propri principi morali che si configurano in una attiva partecipazione sociale. Quando a Gazel egli fa dire «Deseo sólo ser filósofo»5 sembra pensare al proprio ideale di hombre de bien, l'uomo cioè che al di fuori di sovrastrutture metafisico-religiose od esclusivismi di classe, s'impone il rispetto del principio fondamentale della virtù che si conclude nell'impegno d'essere socialmente utile: «no basta ser buenos para sí y para otros pocos; es preciso serlo o procurar serlo para el total de la nación»6. Ossia l'hombre de bien s'identifica con il buen ciudadano, con il patriota; la virtù è espressione dell'uomo integro che usa la ragione ma anche il sentimento: quando ad esempio Cadalso parla del patriottismo afferma che esso «es de los entusiasmos más nobles que se han conocido para llevar el hombre a arrostrar peligros y emprender cosas grandes»7. Egli sembra   —117→   ricordarsi di un passo di Montesquieu in cui si dà al concetto di virtù un significato propriamente civico e politico8.

Proprio in forza di questa premessa etica, egli mostra di preferire la bontà alla sapienza, l'educazione all'istruzione, le doti morali e civili a quelle strettamente intellettuali e tecniche. Quando vuol lodare Carlo III, più che ai suoi concreti atti politico/economici, si riferisce alla sua virtù e al fatto che «la mano ocupada en el cetro detiene la rienda al vicio»9 oppure a quella prova di magnanimità e generosità che diede, quando al principio del suo regno perdonò i debiti contratti da intere provincie e così «se condenó a sí mismo y absolvió a los otros... se olvidó que era rey y sólo se acordó que era padre... y dio por este medio un ejemplo de justificación más estimable que un código entero que hubiese publicado sobre la justicia y el modo de administrarla»10.

A Cadalso, se si volge ad osservare gli uomini che gli vivono accanto, basta constatare che in alcuni di essi c'è amicizia per credere in questo nobile sentimento che aiuta l'esercizio della virtù e gli permette di proclamarsi legittimamente «panegirista del género humano»11.

Del pari se riconosce che esiste una «gran porción del género humano que no piensa»12, ci sono tuttavia alcuni che vivono da filosofi (e s'intuisce che fra questi Cadalso pone se stesso) e trae forza da questa constatazione per sforzarsi d'esserlo sempre di più pur nella certezza che «pretender reducir el género humano a sólo lo que es moralmente bueno es pretender que todos los hombres sean filósofos y esto es imposible»13.

Per Cadalso è costante questa consapevolezza che la virtù è di pochi e che il praticarla assume carattere eccezionale e quasi eroico.

Se poi egli passa dalla «critica del hombre» alla «critica de la nación», non rinuncia alla preoccupazione morale come base della sua riflessione. Egli è consapevole della condizione di decadenza in cui si trova la Spagna ma anche della necessità di uno sforzo da compiere per raggiungere il livello di coloro che hanno «siglo y cerca de medio de delantera»14.   —118→   Bisognerà che la gioventù faccia oggi «los progresos que pueda» perché nella seguente generazione i giovani possano «enseñar públicamente lo que ahora aprenden ocultos»15. Per Cadalso la storia deve essere guida per il presente e bisogna saperla interpretare. La decadenza del secolo XVII che purtroppo in parte continua nel XVIII, era stata preceduta dallo splendore del Cinquecento. Egli ammira soprattutto l'epoca dei Re Cattolici ma non mi pare che in questa evocazione di un momento particolarmente glorioso della storia nazionale ci sia, come alcuni hanno pensato, concessione, carica di nostalgia, a un ideale tradizionalista o conservatore. Io credo che Cadalso semplicemente -sul piano storico- ritenga che una sicura guida politica abbia permesso alla Spagna del primo Cinquecento l'affermazione dei più alti valori morali e pertanto civili e culturali della nazione. La sua non è una fuga all'indietro, non è culto di un mito; è una constatazione storica. Quasi un voler fissare, con costante preoccupazione per i problemi del presente, un punto di partenza da cui muovere per crescere con coerenza nel futuro, secondo un modello che viene tratto dalla storia patria e che ha contribuito a formare quel «carácter nacional» che non è una realtà metafisica ma un patrimonio che la storia stessa ci ha consegnato, prezioso ed ineludibile. Cadalso, che tali idee deriva da Montesquieu, crede nella realtà differenziata delle nazioni costituenti la complessa unità dell'universo umano. Ma crede anche che il carattere di ciascuna possa essere convenientemente modificato, quando necessario.

Egli ha cura di precisare il suo profondo distacco da coloro che lodano il passato «sin distinción de crítica» non tanto perché l'intendano e consapevolmente sappiano apprezzarlo ma solo in odio al presente: «Cualquiera virtud de nuestros coetáneos» sembra offenderli perché costituisce un argomento contro i loro difetti; essi s'industriano «a buscar las prendas de los abuelos, por no confesar las de los hermanos»16. C'è in Cadalso la chiara consapevolezza che alcuni, e tra i più potenti, non vogliono cambiare nulla e che pertanto il compito del cambio si presenta assai difficile, e indubbiamente rischioso.

Ogni nazione ha acquisito «buenas y malas propiedades... es muy justo trabajar a disminuir éstas y aumentar aquéllas»17 senza quel patriottismo mal inteso che «en lugar de ser una virtud, viene a ser un defecto ridículo y muchas veces perjudicial a la misma patria»18.

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Un sano concetto di patria ed idee nuove possono invece avviare il riscatto: «pongamos la fecha desde hoy suponiendo que la península se hundió a mediados del siglo XVII y ha vuelto a salir de la mar a últimos del XVIII»19.

Alla riflessione etico-politica di Cadalso non restò estraneo il problema dell'America e della sua conquista da parte degli spagnoli.

Egrave; noto che nel secolo XVIII ci fu una certa difficoltà, quasi un imbarazzo nel trattare il tema americano. Non scrissero nulla i cronisti delle Indie Miguel Herrero Ezpeleta e Martín Sarmiento come nulla fece la Academia de la Historia se non progettare la traduzione della Storia del Robertson e solo nel 1779 il Re incaricò Juan Bautista Muñoz, scavalcando la stessa Academia, di elaborare una Historia General de América che non andò al di là di un primo tomo pubblicato solo nel 1793.20

Ma il problema dell'America nel corso del secolo aveva preoccupato tutti i governanti e possiamo qui ricordare le varie Representaciones, Avisos, Memorias secretas di politici ed economisti da Macanaz a Carvajal, da Ulloa a Campillo, da Uztáriz al Marqués de la Ensenada, da Gálvez a Romá y Rosell, da Campomanes a Cabarrús, a Arriquibar, Floridablanca, Jovellanos, riflessioni che inizialmente si soffermano a tentare di por rimedio alla mancanza in Spagna (a differenza d'altri paesi come l'Inghilterra) di una efficace politica mercantilistica capace di saper sfruttare le risorse dell'Impero,   —120→   e poi condurranno a una vera e propria politica coloniale armata (si pensi all'intervento nel 1762 nella guerra dei sette anni) per riaffermare un dominio che s'incomincia a temere possa cedere alle pressioni esterne ed interne. La riflessione intorno al problema coloniale continuerà sul piano economico orientandosi verso quello che Franco Venturi denominò mercantilismo tardío, tingendosi poi di istanze fisiocratiche e liberali. Sul piano pratico le riforme più significative furono quelle che si realizzarono all'epoca di Carlo III: la cosiddetta visita general per rendersi conto dello stato effettivo delle colonie, l'istituzione delle intendencias in territorio americano e soprattutto la promulgazione, nel 1773, del Reglamento de Comercio Libre, provvedimenti confluenti nella volontà di stabilire un ordinamento più razionale, con prevalenti finalità economiche, nel quadro di un equilibrio politico/strategico che permettesse la conservazione delle colonie stesse. Questo in verità era il problema di fondo né si può dimenticare il progetto del Conde de Aranda (1783) che con lungimiranza vedeva il pericolo della dissoluzione dell'Impero e proponeva al Re, per salvare il salvabile, di rinunciare ai suoi possessi tranne Cuba, Puerto Rico e pochi altri scali commerciali nel Sud, costituendo regni autonomi affidati a tre infantes, assumendo egli il titolo d'Imperatore. Tutto ciò per sottolineare quanto fosse dibattuto il problema dell'America a livello politico. È ragionevole pensare che costituisse argomento di discussioni nell'ambiente che frequentava Cadalso.

Egrave; sicuro, d'altra parte, ch'egli conosceva la storiografia del Cinquecento e del Seicento sulla conquista, in particolare Antonio de Solís che cita come esempio di buon storico sia nelle Cartas Marruecas21 che negli Eruditos a la violeta22.

Conosceva anche i contemporanei autori stranieri. Naturalmente Montesquieu (sia le Lettres persanes che l'Esprit des lois)23 ma anche il Voltaire dell'Essai sur les moeurs et l'esprit des nations24, nonché Raynal la   —121→   cui opera è del 1770. Né è da escludere che avesse letto ciò che sull'America avevano scritto Buffon (a partire dal 1749), Touron (1768-1770) e Cornelius De Pauw (1768-69)25.

Cadalso ha coscienza che Spagna e America sono due realtà storiche che non si possono separare e al suo personaggio Gazel fa sostenere che lo studio della storia d'America «es un suplemento necesario al de la historia general de España y clave precisa para la inteligencia de varias alteraciones sucedidas en el estado político y moral de esta nación»26.

Gazel, studiando il problema, si rende conto del violento contrasto esistente fra l'interpretazione della conquista proposta dalla storiografia spagnola e quella straniera. La lettura della prima suggerisce una visione eroica e quasi magica degli avvenimenti, tutta critica e politica appare la seconda. Egli si propone di trarne «una razón media... y creo que en ella podré fundar el dictamen más sano»27. Cadalso, servendosi del suo consueto gioco prospettico, pone come interlocutore di Gazel, Nuño. Si consideri che in più punti della sua opera, Cadalso si mostra scettico verso la verità che emana dalla storiografia, sempre condizionata dal soggettivismo degli autori. Addirittura in un passo delle Cartas Marruecas sembra ipotizzare tre diversi livelli di storiografia a seconda del pubblico cui è destinata e taluni critici hanno accettato questa come l'idea definitiva di Cadalso, senza badare che all'interlocutore che la propone, Gazel risponde rivendicando la necessità della verità come s'addice alla condizione del filosofo28. I tre livelli della storia ci appaiono pertanto, più che un programma, una constatazione di ciò che nel campo specifico esiste, mentre acquista particolare significato per comprendere quella che era la vera idea di Cadalso sulla storiografia la sua affermazione sulla possibilità di una storia universale fatta da autori diversi in cooperazione internazionale,   —122→   secondo un concetto che s'andava consolidando nel campo delle scienze e si ritrova nell'idea stessa che della Enciclopedia ebbe Diderot29.

Sul problema della conquista d'America, Cadalso dunque non si limita agli storiografi spagnoli, consapevole delle istanze retoriche che stanno alla base delle loro opere e perché la sua ragione rifiuta la concezione provvidenzialista di fondo. Ma, per bocca di Gazel sostiene che del pari parziale appare la storiografia degli «europeos no españoles» che si sostanzia nelle accuse agli spagnoli di «codicia, tiranía, perfidia y otras no menos espantosas»30. Per bocca poi di Nuño viene la messa a punto. Se l'accusa è di mancanza d'umanità, da che pulpito viene la predica! «Los pueblos que tanto vocean la crueldad de los españoles en América son precisamente los mismos que van a las costas de África a comprar animales racionales de ambos sexos... sin más derecho que ser los compradores blancos y los comprados negros; los embarcan como brutos; los llevan millares de leguas desnudos, hambrientos y sedientos; los desembarcan en América; los venden en público mercado como jumentos, a más precio los mozos sanos y robustos, y a mucho más las infelices mujeres que se hallan con otro fruto de miseria dentro de sí mismas; toman el dinero; se lo llevan a sus humanísimos países, y con el producto de esta venta imprimen libros llenos de elegantes invectivas, retóricos insultos y elocuentes injurias contra Hernán Cortés»31.

Disumanità maggiore -dunque- quella degli accusatori il cui commercio di schiavi continua in un'epoca in cui certamente, rispetto a quella della conquista e tante altre del passato ripiene «de miserias y horrores», -come ci mostra la storia- la presente può vantare una maggiore «suavidad de costumbres, humanidad en la guerra, noble uso de las victorias, blandura de los gobiernos»32. La coscienza storica sempre presente in Cadalso gli impedisce di giudicare un secolo lontano con i criteri dell'attuale; quanto alle specifiche accuse a Hernán Cortés, il suo patriottismo lo spinge a prenderne le difese, insieme a una ricerca di verità operando allo stesso modo di quando aveva composto la Defensa de la nación española per protestare contro le non dimostrate affermazioni del pur colto Montesquieu, nella 78ª lettera persiana33.

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In ventun punti vengono successivamente esaminati i comportamenti di Hernán Cortés, dalla sua prima spedizione all'isola di Cozumel fino al trionfo definitivo di Città del Messico ed in chiave ammirativa si sottolineano l'arrojo con cui egli conduce tutta l'impresa ma insieme l'esatto calcolo che la guida, l'abilità politica e diplomatica che gli permette di vincere con pochi contro molti, la fedeltà a un valore superiore, il patriottismo che ha per suo simbolo il Re, tanto che l'atto di disubbidienza a Velázquez (incapace d'avere la superiore visione morale e politica che guidava Cortés) è visto più come un atto eroico che non poteva non essere compreso dal sovrano piuttosto che come atto di ribellione.

Ne risulta il ritratto di un uomo d'eccezionali qualità, prudente, sagace, valoroso oltre che generoso ed anche umile. Conquistatore sì ma conscio che anche gli aztechi sono un popolo conquistatore, li combatte con abilità tattica e strategica. Sa prendere decisioni d'estrema audacia e tempestività; sa vincere ma anche convincere come avviene con il tlaxcaltechi e con l'esercito di Pánfilo de Narvaez. Un condottiero che sa piegare alla propria volontà gli uomini e le cose. Queste capacità, guidate da una superiore consapevolezza etica che s'esprime nella volontà di forgiarsi, in libertà, un proprio destino fanno di lui un vero e proprio eroe ed incarnano quell'ideale morale ch'era di Cadalso.

Egrave; vero che nell'ultima fase della conquista di Città del Messico si ebbero «lances sangrientos» e ne derivò un «cuadro horroroso» ma è pur vero che si trattò di un'impresa disperata nella quale era in gioco la sopravvivenza che obbligò gli spagnoli a «cerrar los ojos a la humanidad»34. Ed è pur vero che in Perù gli spagnoli «anduvieron menos humanos» ma non fu certo barbarie superiore a quella dei trafficanti di schiavi, cioè di una barbarie «de que son reos los mismos que tanto lastiman la suerte de los americanos»35.

Hernán Cortés ci appare dunque come un virtuoso nel senso quasi rinascimentale e machiavellico del termine, un uomo che nell'ambito della realtà dei contemporanei si staccò da essi perché ad essi superiore. Un continuatore della saggia e vigorosa azione dei Re Cattolici «príncipes que serán inmortales entre cuantos sepan lo que es gobierno»36, affermazione di Cadalso che echeggia quella che di Ferdinando il Cattolico aveva dato il Machiavelli: «per fama e per gloria el primo Re dei Cristiani: e se   —124→   considerate le azioni sue, le troverete tutte grandissime, e qualcuna straordinaria»37.

Il Re Ferdinando è pertanto esemplare personificazione, per Cadalso, dell'hombre de bien che ha sviluppato sino in fondo la sua hombría, giungendo ad essere un héroe e a costituirsi simbolo di un'epoca gloriosa. Ben diversa fu l'età seguente: Filippo II morì «dejando su pueblo extenuado con las guerras, afeminado con el oro y plata de América, disminuido con la población de un mundo nuevo»38 cioè in una condizione di decadenza insieme morale ed economica che evidentemente non permetteva la nascita di eroi. In gran parte appare in preda a questa triste eredità l'età presente: essa dovrebbe essere stimolata ad un riscatto anche attraverso il ricordo e la celebrazione degli eroi del passato.

Nella Carta XVI egli fa dire a Nuño d'aver progettato la composizione di una Historia heroica de España nella quale sarebbero stati inclusi a partire da Don Pelayo i grandi protagonisti della storia della nazione, incluso naturalmente Cortés «héroe mayor que los de la fábula».39

Inoltre Cadalso è convinto dell'efficacia del sistema inglese di ricordare gli eroi con innalzare ad essi monumenti seppellendoli nelle stesse chiese che sono «panteón de los Reyes»: «¡qué estímulo -commenta- para nuestra juventud!»40.

Non possiamo certo, noi moderni «más instruidos», giungere alla divinizzazione degli eroi cui giunsero gli antichi «pero hay una gran diferencia entre este exceso y la ingratitud con que tratamos la memoria de nuestros héroes»41.

Il progetto della Historia heroica messo in bocca a Nuño fu probabilmente un progetto giovanile di Cadalso, poi non realizzato -secondo quanto enuncia lo stesso Nuño- per la difficoltà dell'impresa derivante dalla vastità della materia che avrebbe comportato un impiego di tempo estesissimo ma Cadalso compose sì una serie di epitafi in latino e spagnolo in ricordo dei principali eroi della Spagna tra i quali uno dedicato a Cortés e ai suoi principali compagni di conquista42. Ancora una volta, la storia in funzione del presente.

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Il patriota e difensore della nazione spagnola Cadalso, tuttavia, non tace gli aspetti negativi della conquista.

Già nella Defensa della Nación Española egli riconosceva che «no hay página en nuestra historia que no esté llena... de sangre»43 anche se sosteneva che «el conquistar un medio mundo con un puñado de aventureros» era da considerarsi «hazaña gloriosísima por más que la quieran eclipsar la preocupación, envidia e ignorancia de los extranjeros empeñados en pintarla como una serie de inhumanidades»44.

In una lettera privata a Tomás de Iriarte, del 1774, (e sappiamo quanta importanza ha l'epistolario, senza freni d'autocensura, per rivelarci l'animo di Cadalso) egli tuttavia confessa quanto l'abbia sempre commosso il meditare sull'aspetto cruento e feroce della conquista: «desde que tuve uso de la razón... me ha llenado de espanto la posesión de las Américas y destrucción de unos catorce millones de almas hecha por unos cuantos extremeños, que fueron allá a predicar a cañonazos la ley del Cordero»45 così come lo indigna che ancora al suo tempo possa l'Università di Salamanca sostenere nel suo Claustro «unas conclusiones» favorevoli al concetto della legittimità della riduzione con la spada degli indios al dominio ispanico sulla base della finalità di condurli alla fede di Cristo.

Né si dimentichi quanto a proposito del significato, in definitiva tragico, del concetto di vittoria in guerra, sta scritto nella XIV delle Cartas Marruecas ove si ironizza dapprima sulle inesatte relazioni dei generali protagonisti di una sanguinosa battaglia: la trionfante retorica del vincitore, le cavillose argomentazioni del vinto che spaccia la sconfitta per calcolata ritirata strategica. Poi l'ironia si fa più amara con l'aggiunta della notizia che in entrambe le Corti dei contendenti si celebra un Te Deum e s'organizzano feste, fino alle triste conclusione «Y todo queda problemático, menos la muerte de veinte mil hombres, que ocasiona la de otros tantos hijos huérfanos, padres desconsolados, madres viudas»46.

Atteggiamento contraddittorio, dunque, questo di Cadalso che da una parte esalta la «virtù» del conquistatore Cortés e dall'altra prova sgomento di fronte alle morti che causa la guerra ed alle sofferenze degli indios?

All'apparenza sì, ma se si sa ben leggere all'interno dei testi, non tanto di contraddizione si dovrà parlare quanto piuttosto di ambiguità che nasce   —126→   dall'incontro di prospettive diverse e di differenti interessi che entrano in gioco.

Egli, che tanta importanza attribuisce alla storia, si ribella alla distorsione della stessa operata dai contemporanei stranieri. Come nella Defensa, alle accuse che Montesquieu muoveva alla Inquisizione ed ai suoi roghi, aveva ribattuto ricordando le stragi della Notte di San Bartolomeo, per concludere che «esos monstruos y sus semejantes no son ni franceses ni españoles, sino una nación de bárbaros llamandos fanáticos» e le loro azioni «excesos de unos pocos hombres que ha habido en todas partes en unos siglos más que en otros, según ha reinado la ignorancia o la ilustración»47, così nella Cartas Marruecas -come abbiamo visto- alle accuse di inumanità degli spagnoli verso gli indios, si replica con il gettare in faccia agli accusatori stranieri la vergogna dei «mercaderes de carne humana»48.

Non si può giudicare della storia passata con la coscienza umanitaria del presente: vista nella realtà storica della sua epoca la figura di Cortés è quella di un eroe. Non come pensava Feijoo -che pure giudicava la conquista un grande evento storico, ma che sulle orme della storiografia apologetica spagnola faceva di Cortés il campione di un'impresa, guidata dalla Provvidenza, che trovava il suo massimo valore nell'avere permesso l'evangelizzazione delle genti del nuovo mondo-49 bensì un eroe perché uomo di singolare virtù, egli stesso fattore determinante, creatore di storia, secondo un ideale che veniva dalla storiografia greco-romana e rinascimentale.

Cambiando punto di vista e assumendo quello della coscienza umanitaria e della sensibilità contemporanee, Cadalso può vedere la conquista nel suo aspetto più tragico e sconvolgente.

Addirittura (e ci pare avvertire qualche lontana eco della pessimistica interpretazione di quel mondo del Buffon e del De Pauw) egli può giungere a meditare sull'infelice destino di quella terra: «¡Extraña suerte es la de América! ¡Parece que está destinada a no producir jamás el menor beneficio a sus poseedores! Antes de la llegada de los europeos, sus habitantes comían carne humana, andaban desnudos, y los dueños de la   —127→   mayor parte de la plata y oro del orbe, no tenían la menor comodidad de la vida. Después de su conquista, sus nuevos dueños, los españoles, son los que menos aprovechan aquella abundancia»50.

Considerazione fra il morale e il fatalistico che sorge all'improvviso, all'interno di riflessioni di tipo economico là dove Cadalso che già aveva riconosciuto fra le cause della decadenza «los muchos caudales adquiridos rápidamente en las Indias» e il conseguente disprezzo per il commercio e le «artes mecánicas»51 nonché «la continua extracción de hombres para la América»52, deve constatare che tutta la ricchezza proveniente dalle miniere americane se ne va all'estero per l'incapacità degli spagnoli d'organizzare una industria nazionale.

Nel letterato Cadalso, l'America è uno dei tanti temi della sua meditazione che diventa strumento d'educazione, vuoi ch'egli celebri in Cortés l'eroe di un'epoca felice del passato e l'additi a modello di severa virtù (in coerenza con la sua idea di fondo che «toda nación se ha establecido por la austeridad de las costumbres»)53, vuoi che rifletta sulla inumanità delle guerre o che brandisca la spada in difesa della sua nazione contro l'ingiustificato disprezzo degli stranieri o a sostegno della verità della storia contro una strumentalizzazione politica.

In tal modo, con varietà d'accenti e di modulazioni, Cadalso contribuisce a suscitare un dibattito di pensiero nell'ambito di una nascente opinione pubblica e concorre, nello stesso tempo, a dare alla letteratura spagnola un genere nuovo anche se non del tutto originale ed indubbiamente un nuovo modello di prosa.





 
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